La recensione

Voglio parlarvi di Via Don Minzoni n.6. Voglio parlarvene perché è un film che mi ha coinvolto talmente tanto da meritarsi non solo di essere visto, ma anche di essere analizzato a posteriori. Probabilmente lo rivedrò, perché ha talmente tanti livelli di lettura da rappresentare quasi una sorta di trattato nell’affrontare il tema del passaggio dall’infanzia all’età adulta.

Ci sono temi che sono ovviamente molto evidenti, e che si incontrano anche senza scavare sotto la superficie della pellicola. Il primo elemento che si riconosce, osservando il film, è la dimensione del lutto. Via Don Minzoni n.6 racconta la storia di Andrea, alter ego del regista Andrea Caciagli, che sta aspettando che arrivi il giorno successivo per consegnare le chiavi della casa della ormai defunta nonna ai nuovi proprietari.

In quest’ultima notte Andrea deve affrontare il distacco da una persona che per lui è stata fondamentale, un affetto di cui inevitabilmente sente la mancanza. Un vero e proprio lutto da metabolizzare: il film inizialmente sembra voler raccontare questo. La casa in tal senso è solamente un tramite, un qualcosa da lasciar andare per chiudere con il proprio dolore.Se fosse solo questo si tratterebbe di un film semplice, con una struttura già vista e rivista.

Eppure bastano pochi minuti di visione di Via Don Minzoni n.6 per capire che c’è qualcosa di più. La nonna e la casa non sono più solamente elementi che fanno parte dell’elaborazione di un lutto, ma sono dei simbolo necessari per mostrare una vicenda differente, quella di un ragazzo che diventa improvvisamente adulto.

In fondo è un qualcosa che accomuna tutti noi. Nessuno pensa di essere pronto all’età adulta, ma in qualche modo arriva, per quanto ci si possa impegnare nel fuggire. Può essere una trasformazione lenta o si può trattare di qualcosa di più veloce e per certi versi traumatico. Andrea, interpretato da un ottimo e convincente Francesco Gaudiello, ha di fronte a sé una notte che servirà non solo per chiudere una fase di dolore, ma anche e soprattutto per terminare il suo viaggio tra infanzia e adolescenza, e entrare in un mondo nuovo. Un percorso che altri registi avrebbero scelto di affidare ad un film solitario, ma Caciagli ha scelto di stupire il pubblico: Via Don Minzoni n.6 è un racconto corale. Le stanze di questa abitazione non sono fredde e silenziose, anzi: si riempiono di personaggi, di quegli amici che hanno condiviso tanti eventi con Andrea, e che ora sono lì con lui, spalla a spalla fino all’alba.

Ed è molto interessante perché ogni personaggio ha il suo ruolo in questa piccola avventura. Nessuno è uguale agli altri, e ogni personaggio ha il suo spazio e la sua caratterizzazione. Caciagli ha mostrato molta bravura nel dare a ognuno il suo spessore.

Alcuni potrebbero pensare che si tratta di un film generazionale, ma a mio parere è qualcosa di più. Via Don Minzoni n.6 è una lettera che Caciagli ha scritto sia per se stesso che per il pubblico, un pubblico privo di qualsiasi limite anagrafico.

ALESSIA MURRI