E’ raffigurabile come un vaso di Pandora musicale, il nuovo album di Piernicola Pedicini. Leggendo la presentazione fai un respiro profondo prima di aprirlo, nell’incertezza che possa uscirne un caos emotivo.
RADIO SUD GLOBALE contiene una miriade di narrazioni che spesso la musica cosiddetta leggera disdegna, materiale spesso più adatto al TG che al pop radiofonico, disco paradise e simili. Guerra, migrazioni, violenza, libertà, democrazia, temi cari al cantautorato degli anni settanta, ma non per questo scomparsi. Per fortuna.
Per un racconto che si avventura in questi territori, il titolo dell’album è indovinato e anticipa i contenuti del lavoro di Pedicini: Il mix di leggerezza musicale, che ogni tanto sembra strizzare l’occhio a Manu Chao e a quel mash up di sonorità sud europee che sovente lega i musicisti dell’area mediterranea e l’uso di più lingue e dialetti, a sottolineare l’inarrestabile fusione di culture, nonostante gli innumerevoli tentativi di sopraffazione di chi rifiuta una realtà tanto evidente.
Chi fa musica conosce la necessità di lasciare il noto ed esplorare zone scomode, fare un passo indietro per meglio abbracciare culture differenti. Ne conosce i lati positivi e quelli meno facili da sopportare. Guarda da distanze variabili la terra natale e il mondo in cui si muove. Pedicini di tutto questo fa quasi un manifesto, forse forte di un’esperienza di expat che lo vede a Bruxelles da molti anni.
In un discorso musicale fluido e variegato, traspare forte la volontà di sentire salde le radici da cui è partito. Il disco sembra nascere da una necessità di ragionamento su discorsi che appartengono a noi tutti, rendendo il lavoro perfettamente condivisibile; ma è palpabile anche la necessità di annodare fili, lungo un mondo che l’artista attraversa, allontanandosi da luoghi familiari, non senza un dolore intuibile nei testi delle canzoni, mitigato dalla bellezza di sapere che la musica è sempre un forte richiamo al bello e alla speranza.