Madre e figlia: un rapporto significativo, complicato, forse il più delicato al mondo. Di questo parla il libro di Donatella di Pietrantonio Mia madre è un fiume (Einaudi).

Quando una madre si ammala e una malattia degenerativa ne condiziona la quotidianità, la figlia si occupa di lei, maternamente, ridando indietro quelle attenzioni che aveva ricevuto (o che avrebbe dovuto ricevere) fin da piccolissima.

Occuparsi di una madre come fosse una figlia permette a entrambe di rileggere il loro rapporto, la loro personale storia.

Questo libro parte dell’Abruzzo degli anni del dopoguerra, con quei retaggi del passato di una cultura che sembra ferma eppur bellissima, come un’altra mamma, sopra tutte le mamme e figlie che quella terra la vivono e la attraversano con il loro personale vissuto. Ecco che allora protagoniste della storia sono anche povertà, fame, violenza, la sopraffazione del più forte sul più fragile, che si insinuano nelle vite di tutta la popolazione. Eppure, nonostante la riconosciuta complessità di questo scenario, a volte non si può non incolpare i genitori e la mamma in particolare di certe carenze che i figli vivono e portano con sé dietro, nel loro percorso di sviluppo. 

La carenza affettiva è spesso la causa di un rapporto che diventa complesso e difficile, perché difficile è crescere avendo un senso di vuoto affettivo e di lacune che a tempo costante e perpetuo si ripresentano nel vissuto dei figli che lo hanno provato e si è insinuato nelle loro dinamiche relazionali, tanto da diventare colpevole di ripetute carenze e incapacità.

La deprivazione affettiva allora si accompagna a quel senso di inadeguatezza, di non aver meritato l’attenzione materna e soprattutto di non esserne degne. Anche l’autostima quindi si abbassa se non si abbatte del tutto, fruttando frustrazione e incapacità di vivere pienamente quanto di buono arriva, soprattutto da un punto di vista affettivo, ma spesso anche sotto l’ottica del settore lavorativo, perché legato a una difficoltà di sviluppare sane relazioni, in qualsiasi ambito.

Questo romanzo, ambientato nell’Abruzzo del Dopoguerra ci mostra il difficile rapporto tra una madre che cerca di sopravvivere al contesto in cui si trova e che fa le sue scelte cercando di permettere a sua figlia di crescere e sopravvivere a sua volta all’interno di una famiglia. Ma ci racconta anche la storia di una figlia famelica di amore e attenzione, che paga lo scotto di quel contesto difficile in cui crescere in modo sano è quasi utopistico. In tante ci si ritroveranno.

Sembra la storia di molte nonne, mamme, zie, parte di quei racconti che molti psicologi affrontano e ascoltano nel corso delle loro vite professionali, perché comuni a tante vite fatte di difficoltà, ignoranza e grande dispendio di energie e risorse per risollevarsi, imparando da un lato ad accettare quanto accaduto, ricostruendo una propria vita passata e dall’altro cercando una via di fuga, di riscatto, che permetta un nuovo presente e un futuro più leggero e consapevole.

Maria Luisa Lafiandra